2609 Vincenzo Cimini Articoli
9 agosto, 2018

Trattare rifiuti produce rifiuti ma mancano gli impianti dove gestirli

Può sembrare paradossale ma il trattamento dei rifiuti produce altri rifiuti. Non c'è economia circolare che tenga, anche la più efficiente produce degli scarti. Solo alcune regioni virtuose lo hanno capito, essendosi dotate da tempo di una rete impiantistica efficace, mentre quelle che non lo hanno fatto dipendono sempre dalle altre regioni o da altri Stati fin quando potranno farlo.

I rifiuti urbani ammontano infatti ad oltre 30 milioni di tonnellate (dato 2016). A questo va aggiunta la produzione di rifiuti speciali (135 milioni di tonnellate), come gli scarti delle imprese che producono i beni che consumiamo nella nostra quotidianità. I rifiuti prodotti dal trattamento dei rifiuti sono pari a 37.683.868 tonnellate e comprendono anche quelli provenienti dal trattamento dei rifiuti urbani. Si tratta quindi di una quantità ben superiore alla produzione dei rifiuti urbani che risulta pari a 30.116.605.

Il nuovo pacchetto normativo europeo sull'economia circolare approvato nei mesi scorsi prevede la cosiddetta sostenibilità e prossimità: i rifiuti prodotti devono in prima battuta essere riciclati, riusati, avviati al recupero energetico o conferiti in discarica. Quindi occorrerebbero degli impianti dedicati a questa nevralgica fase ed a quelle intermedia di selezione. Purtroppo in Italia c'è una forte carenza di questo tipo di impianti per la gestione dei rifiuti prodotti. Spesso tutta l'attenzione è focalizzata sulla raccolta differenziata come se i suoi ingenti scarti ed il loro trattamento fossero un problema che non interessa o che non esista. Per capire la dimensione del problema basta prendere in considerazione le imprese associate ad Unirima dove finiscono carta e cartone derivanti dalle raccolte differenziate dei comuni e delle attività industriali e commerciali[1]

«Dalle attività di selezione e recupero di questi rifiuti finalizzate alla produzione di materia prima secondaria – spiega Unirima  – derivano scarti non riciclabili qualificati come rifiuti speciali non pericolosi (CER 19 12 12) e destinati al recupero energetico (inceneritori) o allo smaltimento in discarica. I rifiuti  classificati con il CER 19 12 12 rappresentato circa il 29% del totale dei rifiuti del capitolo 19, per un quantitativo complessivo pari a circa 10,8 milioni di tonnellate ed un incremento del +2,2% rispetto al 2015». Si arriva quindi al paradosso che come evidenziato dai dati Ispra[2] da una parte ci sia il costante aumento della produzione di questo tipo di rifiuti e dall'altra diminuisca la capacità di poterli ricevere negli impianti di destinazione. Così è sempre più difficile per le imprese del settore allocare questo tipo di scarti di lavorazione.

Una situazione che rischia di bloccare sia le imprese attive nella gestione dei rifiuti sia le aziende quei scarti li producono e che magari sono costrette a conferirli all'estero con costi crescenti. Un disagio anche per il cittadino sempre più in confusione su come e dove portare la propria spazzatura.

Vincenzo Cimini