1462 Vincenzo Cimini Articoli
3 gennaio, 2019

Italia in prima fila nell'economia circolare ma serve una normativa di lungo periodo

Ridurre i costi di produzione, puntando su processi sostenibili e sviluppando, al tempo stesso, nuovi prodotti in linea con la sensibilità ambientale. Un nuovo modello di crescita che porta verso una nuova economia , di tipo circolare, sostenibile e competitivo. Questo il tema dell'edizione 2018 del Forum Sostenibilità nella Sede del Sole 24 Ore in cui rappresentanti delle istituzioni e aziende si sono confrontate sulle opportunità ed i vantaggi economici di questo sistema economico in forte sviluppo. Uno dei temi centrali tra quelli affrontati è stato quello del rapporto tra normative e strategia d'impresa. Uno dei problemi italiani è proprio quello di una normativa spesso non particolarmente chiara e comunque finalizzata al breve periodo. «La sostenibilità – ha detto l'ex ministro dell'ambiente Edo Ronchi, attuale presidente della Fondazione per lo sviluppo sostenibile - è anche una sfida economica, non solo ecologica. Infatti l’economia circolare non parte dal nulla, è un salto di qualità di un processo avviato da tempo e ha come risultato una maggiore competitività economica, di materie prime, di energia. Il paradosso che viviamo è che le strategie sono ormai più o meno definite, come il caso dell’end of waste i cui criteri sono comuni in tutta Europa, ma vi è una farraginosità evidente a tradurle in normativa». Durante la tavola rotonda non sono mancati spunti interessanti su quello che servirebbe introdurre in Italia anche per centrare quanto richiesto dall'Europa. «Gli obiettivi europei fissano oltre all’aumento al 65% del riciclo anche la riduzione al 10% delle discariche, perché le discariche non fanno parte dell’economia circolare – ha rilevato Andrea Bianchi, direttore politiche industriali Confindustria - La soluzione all’aumento dei prezzi del conferimento in discarica dei rifiuti industriali non è aumentare l’offerta di discariche, ma aumentare il tasso di circolarità. Abbiamo bisogno di una strategia-paese per la transizione da economia lineare a economia circolare. Contestualmente occorre semplificare, aggiornare, razionalizzare la normativa ambientale con l’abbattimento delle barriere non tecnologiche. Infine è necessario avere una politica industriale sull’economia circolare: dare sbocchi di mercato ai prodotti, sviluppare filiere dedicate, investire in ricerca e innovazione». L’economia circolare viene vista insomma come nuovo modello di sviluppo, intesa come innovazione di processi, materiali e di prodotto. L'economia circolare può essere considerata un'industria che va sostenuta, come hanno rilevato alcuni relatori, anche con la fiscalità di vantaggio che potrebbe creare un mercato importante per le materie prime secondarie. C'è però bisogno di una nuova prospettiva e visione, di leggi di lungo periodo e non normative spot. In Italia è evidente la carenza impiantistica per il trattamento dei materiali, c'è necessità insomma di una strategia di collegamento delle materie prime secondarie, considerato il surplus di materiali che si registra in Europa. Le aziende del settore spesso percepiscono la legislazione in materia più come un ostacolo che come un incentivo ad operare in modo virtuoso, innovativo e sostenibile. «Il modello dell’economia circolare – ha aggiunto Bianchi – è essenziale per il sistema manifatturiero italiano. Su questo tema negli ultimi vent’anni abbiamo fatto importanti passi avanti: il 55% degli imballaggi viene riciclato, mentre a livello complessivo siamo al 50% di riciclo dei materiali. L’Italia è ai vertici nell’indice di produttività dei materiali per due elementi fondamentali: una vocazione naturale del sistema manifatturiero a essere virtuoso nel recupero dei materiali (si pensi per esempio al distretto di Prato per il tessile) e l’aver accolto nel 1996 da parte di Confindustria la sfida per una responsabilità estesa dell’impresa facendosi carico dei costi dello smaltimento, avendo dato vita ai vari consorzi».

Vincenzo Cimini